
“Limonov”, di Emmanuel Carrère, Adelphi 2012
“Limonov” di Emmanuel Carrère (Adelphi 2012, P.O.L. Parigi 211). Un romanzo-biografia sul controverso “avventuriero-poeta underground” russo/ucraino Eduard Limonov riscritto a partire dai testi dello stesso Limonov, da una lunga anche intermittente consuetudine tra i due autori (New York, Parigi, Mosca) completata da sessioni di interviste e consacrata dalle congratulazioni del “maudit” slavo all’intellettuale borghese parigino (Carrère è figlio della storica e politologa dell’Unione Sovietica – e della sua dissoluzione – Helene Carrère d’Encausse): “… ti auguro per il tuo bene di finire male…”.
In verità è difficile capire quale dei due ha favorito l’altro: Limonov ha visto nel libro il riconoscimento oggettivo di essere – e di essere stato nell’ultimo trentennio – “qualcuno” (di fatto l’unico suo obiettivo dopo le origini e i ricorrenti periodi trascorsi da “looser”, perdente), mentre Carrère è emerso con forza (e un po’ di pedante buonsenso) dalla condizione di scrittore radicato nello spirito “Rive Gauche e dei “bcbg”, i “nati bene” in una dimensione cosmopolita assai attuale.
E qui (oltre che in una scrittura sempre piacevole e sempre diretta) sta il fascino di “Limonov”: una storia dei nostri tempi con al centro un uomo vero a dimensioni vere con ogni genere di ambiguità ma anche di grande forza interiore: canaglia giovanile ma di buon cuore, poeta da strapazzo, saccente ma timido, seduttore affamato di donne ma all’occorrenza omosessuale nei parchi di Manhattan, un po’ fascista, ma anche rivoluzionario e così via.
C’è anche molto dell’“anima russa” (e del post 1989), ma soprattutto un po’ di aria (paradossalmente) “pura”. Un soffio vitale per lettori (soprattutto giovani) afflitti dal clima piccino piccino che avvolge l’Europa (soprattutto) di oggi.