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Non si era ancora spenta l’eco dell’evacuazione manu militari della principale Stazione ferroviaria di Roma per il passaggio minaccioso di un omino dotato di arma giocattolo, che un nuovo farsesco episodio ha investito il Belpaese… palesemente prigioniero di una pandemia di cretinismo.
Zelanti ed ottusi preposti al Cerimoniale di Palazzo Chigi (“Bananas”?) si sono esercitati nella copertura delle pudende greco-romane nei Musei Capitolini onorati dalla visita di un Ayatollah il quale – tra i numerosi incarichi ricoperti nella natia Repubblica islamica dell’Iran- detiene anche i cordoni di una pingue borsa di commesse ed affari che fa gola all’asfittica industria italiana ed ai suoi padroni. Evidentemente molta acqua è passata da quando per ossigenare le relazioni bilaterali con un Paese “ospite” bastava avvisare il Questore della Capitale perché provvedesse – grazie alle sue conoscenze professionali – ad un congruo rifornimento di “Belles” da destinare ai virili appetiti dello Sciah Rezha Palevi. Un’usanza d’accoglienza peraltro più volte ripetuta in anni più recenti e generalmente a carico del visitatore medesimo (ricordate le vaste adunanze femminili reclutate dal Colonnello Gheddafi e culminate per sovrammercato in caroselli equestri dei Carabinieri?…).
E dunque non sorprende che la stampa internazionale si sia fatta quattro risate: assai preziose di questi tempi. Nel Paese del cappuccino e cornetto e – ove possibile – della pizza (il famoso “nostro stile di vita” che difenderemo con i nostri petti dalle orde barbariche che minacciano anche la “polenta taragna” leghista quotidianamente ostentata nelle televisioni di Stato da un rozzo e saccente politico sovrappeso) la cultura è diventata un oggetto misterioso e, dunque, cancellabile “ad libitum”, a piacere. Naturalmente il saggio Rouhani per primo ci ha scherzato sopra con benigna comprensione per l’ottuso provincialismo degli “ospitali” Italiani.
In verità siamo sempre lì: Franza o Spagna purchè se magna. E nessuno paga. Tranne noi….
Ma restiamo per così dire in tema poiché oggi nell’Italia in ripresa (sic, doppio sic!) non ci sono altre preoccupazioni che le contrapposte manifestazioni di piazza e le deliberazioni legislative su coppie etero, omo, lgbt, riproduzione e diritti e chi più ne ha più ne metta…
Ovviamente la confusione è al massimo, il buonsenso al minimo. Ci attendono un paio di settimane di caos. Ed intanto la sola parola chiara ed intellegibile è paradossalmente arrivata da un dignitario (il cardinale Bagnasco, “capo” dei vescovi italiani) che noi non amiamo ma rispettiamo: “il figlio non è un diritto”. Ecco qua il punto: si possono volere o non volere i figli, ma non si possono pretenderli, non si possono inventare o costruire a piacimento come i due piccoli “Lord Fauntleroy esibiti da una coppia gay di designer statunitensi. La riproduzione umana, la molteplicità del “noi” (più o meno “sacrale” che sia…) non può essere ridotta – a nostro avviso – all’ingegneria genetica. Non ci piacciono gli OGM, tanto meno quelli umani. E dispiace che sia proprio la Chiesa di Roma a difendere questo valore basico quando per decenni ha ostacolato le adozioni per difenderne il “business”.
Detto in altri termini, le libertà e i diritti vanno rispettate e tutelate, ma non confusi con una onnipotenza illusoria e che cancellerebbe invano l’ultimo mistero rimasto: il prima e il dopo.
Oltre tutto un fiume di falsa melassa (sponsorizzata da chi vuole occultare i “problemi” risolvibili) tenta di cancellare come la crescita degli individui non sia un fatto di “amore” bensì la successione di eventi casuali e/o determinabili e soprattutto una via tutta da costruire.
Ci dispiace per aspettative genitoriali infantili, ma l’omologazione si può fare solo per i modelli di vettura da acquistare, non per le vite altrui. Senza contare che – ormai – i bambini si possono “pescare” come tonnetti nel Mediterraneo. Belli, brutti, unici.
Ma chiudiamola lì, nella settimana in cui il piccolo Renzi ha inaugurato il centro-destra con l’ottimo e plurinquisito Denis Verdini, già uomo di stocco parlamentare di quel “padre della patria” che fu Silvio Berlusconi. La nausea assale e non basterà a fermarla una dose massiccia di buonsenso ritualizzato del Presidente Mattarella che ha aspettato il “Giorno della Memoria” per denunciare i guasti e veleni dei “patriottismi” e delle egemonie “nazionali”.
Anche qui: eravamo un Paese internazionalista e non ce ne eravamo accorti.